Denti da latte
Le uova hanno cominciato a ballare nell’involucro traslucido in cima alla montagna di spesa. Giulio se ne accorge e decide di rilassare la presa sul carrello. Le mani gli tremano ancora. Giulio riprova a tracciare il perimetro del vuoto che si allarga dall’arcata dentale inferiore, in corrispondenza del premolare appena rimosso, e si dice disposto a credere che quel vuoto possa aver travalicato il suo stesso corpo. E allora tampona col carrello la trentenne in trench e tuta da ginnastica davanti alla fila per le casse, così che lei possa testimoniare in favore della sua esistenza.
– Mi scusi – le biascica Giulio massaggiandosi la mandibola – mi è sfuggito. Saranno gli ultimi strascichi dell’anestesia. – In effetti Giulio non è davvero sicuro di dove siano tutti i pezzi delle sue labbra.
– È ok – risponde lei. Sorride, si passa i capelli dietro l’orecchio e allarga una finestra di collo che penetra come una lama di luce nella foschia esistenziale di Giulio.
– Mi chiedo che se ne facciano, poi, dei denti estratti. Magari se li rivendono per la bocca di qualcun altro – le sorride con gli incisivi serrati, così che lei non possa finire risucchiata nel buco fresco della gengiva. Giulio vorrebbe tenere appesa quella minuscola conversazione, ma non sa bene perché.
– Se ti senti poco bene puoi superarmi. Quando è successo a me volevo solo starmene a letto – lei è visibilmente imbarazzata. Ritrae di poco il mento nel collo della tuta.
– No no no. Prego. Vai pure! – le fa Giulio in fretta. Lei si accorge comunque di aver superato la soglia critica di prossimità al cassiere, quindi si piega in fretta sul carrello e raccoglie le prime buste di verdura da poggiare sul nastro della cassa. Giulio fa un passo indietro. Precluso l’accesso a quel minimo paesaggio liminale di pelle tra il lobo dell’orecchio e la spalla di lei, ritorna a sentire il peso dell’assenza. Barcolla. Valuta la possibilità che quel maledetto premolare fosse la chiave di volta della sua integrità ossea, un frammento portante della sua stessa identità. La ragazza col trench passa la carta sul POS e si allontana con le buste, Giulio sparpaglia mollemente i barattoli di fagioli sul nastro e si immagina incastrato in una gabbia di dentina ingiallita.
– Mi scusi, ha dimenticato qualcosa – il cassiere deve sbracciarsi per attirare l’attenzione. Giulio si ricompone, passa lo sguardo dal carrello ormai vuoto alle altre sagome ingobbite che attendono in fila.
– Ha sicuramente dimenticato qualcosa – il cassiere strizza gli occhi grandi come due gusci d’uovo e li punta in direzione della faccia di Giulio, ne traccia le asperità una ad una finché, dopo un’ispezione accurata, li lascia scivolare di nuovo sullo schermo.
– Hm, forse mi sono sbagliato. Carta o contanti?
Fuori dal supermercato, il cielo è un coperchio ermetico sigillato poco sopra le teste dei clienti che si disgregano nei parcheggi. Giulio intravede la ragazza col trench, e immagina che tutto quello che avrebbe potuto dimenticare qualche minuto fa potesse riguardare lei o lui stesso. Inspira aria dalle narici fino a ottenere un blando stordimento. Poi si costringe ad andarle incontro.
– So che quello che sto per dirti è assolutamente fuori dalla normalità, ma… Mi piacerebbe poterti mordere – Giulio tremola sotto gli occhi divaricati e cristallini della ragazza col trench. Li vede poggiarsi sulla sua bocca, li vede intenti a una folle e metodica misurazione. La ragazza col trench è un tumulto nascosto da un velo.
– Solo un dito, però – lei allunga l’indice verso la bocca di Giulio, e lui prova a racchiuderlo nelle mani vacillanti. Giulio la guida nella sua bocca, preme il dito freddo di lei nella cavità vuota tra i denti sani. Inebriato dall’idea di una nuova pienezza, di una voragine otturata, serra gentilmente la mandibola.
– Ahi! – geme la ragazza col trench. Giulio si affretta a sfilare il dito morso, la vergogna inizia solo ora a farsi strada tra le sue guance. Dal dito sgorga una piccola quanto inattesa goccia di sangue. La ragazza col trench si asciuga il dito sulla manica della tuta e osserva Giulio con un miscuglio di compatimento e sospetto. Giulio non riesce a spiegare nulla. Prova a scusarsi, gli occhi gli si inumidiscono. La lingua trova solo ora il coraggio di avvicinarsi al bordo di tessuto cedevole intorno al buco nella gengiva, ma invece si scontra con un corpo nuovo. Giulio si accosta allo specchietto di un’auto e spalanca la bocca; osserva così a lungo quel nuovo canino parzialmente affiorato, che un rivolo di saliva si fa strada dal lato della bocca fino al collo, lo fa assomigliare a un animale.